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Il lupo cattivo e i cattivi pensieri

Il lupo cattivo e i cattivi pensieri


Non è raro che abbiamo bisogno di trovare pretesti, di inventarci chiavi interpretative comode e rassicuranti. Prediligiamo spesso analisi che si basano su approcci semplicistici a sfavore di indagini sistemiche e riferite alla complessità del reale. Ecco allora che, fra tutti i luoghi comuni e le semplificazioni possibili, quella del lupo cattivo e minaccioso diventa una sorta di metafora di ogni approssimazione.


I recenti episodi di attacchi ad animali “domestici”, anzi “da reddito”, da parte del temibile predatore ne sono una prova, dimostrazione inequivocabile di come l’essere umano faccia ormai fatica a ragionare in termini ecoriferiti, prediligendo un antropocentrismo che, da un punto di vista scientifico, non ha più alcuna ragione d’essere.


Il tentativo di pensare un ambiente naturale senza lupi (e grandi predatori in generale) come se l’uomo bastasse a sé stesso, non solo è un pensare presuntuoso, ma è anche dannoso, emblema più delle nostre paure che ci ingabbiano e ci impediscono di riflettere serenamente, che di una reale capacità di analisi.




Già perché il punto, in prima battuta, non è quello di capire se i grandi predatori possano rappresentare un limite per l'uomo; ma è piuttosto quello di comprendere l’importanza di questi animali nel garantire un equilibrio degli ecosistemi. Spesso ho sentito l’obiezione “ma l’uomo è un predatore, quindi non servono lupi, orsi, linci”. E qui sta l’errore: l’essere umano non è affatto predatore ma è un animale sillegico, ovvero un raccoglitore: da un punto di vista darwiniano siamo delle prede. Lo notiamo, tra i molti indizi possibili, dal fatto che la nostra vista ci permette di riconoscere molte sfumature cromatiche e di notare anche piccoli oggetti in contesti mosaicizzati. Caratteristiche tipiche, appunto, di un raccoglitore che deve saper riconoscere la presenza anche di piccoli frutti in contesti complessi e saperne identificare il colore per capirne il grado di maturazione. Nessun mammifero predatore ha questo tipo di dotazione sensoriale. L’altra obiezione che vien fatta, a questo punto, è che l’uomo va a caccia e quindi, poche storie, è comunque un predatore. Ma anche qui vi sono delle distinzioni da fare: l’attività venatoria ha senza alcun dubbio avuto un valore importante e fondamentale in alcune fasi della nostra storia – recente – evolutiva. Ma la caccia fatta dall’uomo ha caratteristiche totalmente diverse da quella proposta da un predatore: il predatore, infatti, ha una predisposizione-dotazione (fisiologica e cognitiva) che si è sviluppata nel corso dell’evoluzione biologica mentre nell’essere umano la caccia ha a che fare con lo sviluppo di tecnologie e pertanto siamo in presenza di comportamenti che hanno a che fare con l’evoluzione culturale. Questo significa che a) la caccia va sottoposta ad un’analisi etica (non è quindi riferibile ad una, pur generica, legge di natura) e, b) proprio perché l’uomo non è un predatore non ha sviluppato competenze cognitive, tecnologiche, epistemologiche) per gestire grandi ambienti naturali: infatti l'essere umano laddove mette piede devasta indiscriminatamente mentre il grande predatore uccide in modo selettivo garantendo un equilibrio benefico per tutti e, di riflesso, favorendo un arricchimento generalizzato degli ecosistemi (gestendo quelle che i biologi definiscono “catene trofiche”).


Ma vi è un altro fattore poco considerato: il lupo è una delle più importanti alterità che l'uomo abbia mai incontrato. Ne é la prova che molti dei comportamenti sociali umani si sono evoluti proprio nell'incontro con il lupo: ci ha alfabetizzati verso nuove soluzioni sociali arricchendo il vocabolario delle nostre parole concertative. Ci ha resi più empatici, più solidali, più interattivi. Le competenze sociali dell’essere umano hanno quindi avuto un notevole sviluppo nell’incontro con questo animale, divenuto in migliaia d’anni di convivenza (e sembra quasi uno sberleffo) il nostro migliore amico.



A mio avviso, quindi, i vari e reiterati episodi di cui la cronaca ci ha informato, non andrebbero vissuti come lo stimolo per avviare una nuova crociata contro un animale che ha un ruolo fondamentale nel garantire un equilibrio ecosistemico di per sé delicato, quanto piuttosto come un’opportunità per meglio conoscere la sua straordinaria complessità etologica e per rileggere il ruolo dell’uomo nell’ambiente e, perché no, per superare qualche pregiudizio e cattiva abitudine.


Non esiste il lupo cattivo, minaccia e pericolo per l'essere umano.


Esistono semmai cattivi modi di pensarlo.


Nicola Gianini



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